Porfiria, Gerardo e Domenico TisoLa Onlus è intitolata a Domenico Tiso, pediatra scomparso a 61 anni. A presentarne le attività e gli obiettivi è il fratello Gerardo, anche lui medico e affetto da protoporfiria eritropoietica

Livorno – Domenico Tiso, medico di famiglia e pediatra, era un grande esperto di porfiria, anche perché lui stesso era affetto da questa patologia, nella forma della protoporfiria eritropoietica (EPP). Il dottor Tiso era un professionista colto e preparato, amava il suo lavoro e trasmetteva fiducia e serenità ai suoi pazienti: così, quando nel 2013 scomparve a 61 anni per un attacco di cuore, suo fratello Gerardo pensò che il modo migliore per ricordarlo fosse intitolargli un'associazione dedicata ai pazienti colpiti da questo gruppo di rare malattie metaboliche.

Nel giugno 2016, la Onlus vide la luce col nome di Associazione Italiana Malati di Porfiria Domenico Tiso: i fondatori sono il presidente Fabio Cesarei, il vicepresidente Domenico Consalvi e i consiglieri Sandra Del Prete e Gerardo Tiso, mentre il consulente scientifico è il dr. Gianfranco Biolcati. Per ripercorrere le tappe principali dell'associazione abbiamo parlato con Gerardo Tiso, medico di medicina generale di Livorno e anche lui, come il fratello Domenico, affetto da protoporfiria eritropoietica.

Dottor Tiso, qual era la situazione dei pazienti quando è nata la vostra associazione?

“Le porfirie sono un gruppo di malattie rare metaboliche ereditarie che non hanno mai avuto terapie efficaci. Una particolare forma di porfiria, la protoporfiria eritropoietica, è caratterizzata da sintomi cutanei di fotosensibilità acuta, e per questo è chiamata 'la malattia dei cercatori d'ombra'. Nel 2008, finalmente, per questi malati (pochissimi in Italia) fu trovata una cura efficace, il farmaco afamelanotide, che fu sperimentato presso l'Istituto San Gallicano di Roma per un anno e poi dispensato gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale fino al 2015 compreso. Quest'anno, fra l'altro, ricorre il decennale dall'inizio della sperimentazione, e la nostra associazione ci tiene a inviare un saluto affettuoso al dr. Biolcati, responsabile del reparto Porfirie del San Gallicano fino a tre anni fa. Agli inizi del 2016 ci fu, per una serie di motivi che sono tuttora sotto studio, il blocco della cura e di fatto il passaggio delle competenze dall'SSN alle Regioni, con la collocazione del farmaco in fascia C ospedaliera e quindi in condizione di non rimborsabilità. In sintesi: l'accesso alle cure, prima dispensate con regolarità, diventò sempre più difficile, se non impossibile. Proprio questo ha determinato nei fondatori la volontà di costituire un'associazione a tutela dei malati.

Riporto un brano di una mail dell'epoca: “Alla luce della situazione ormai disperata nella quale ci troviamo – mi riferisco al blocco della somministrazione del farmaco afamelanotide per la EPP – assieme ad altri malati ci siamo resi conto che senza un’associazione alle spalle, attiva e rappresentativa dei nostri problemi, nessuno ci dà ascolto. Con la costituzione di un'associazione potremmo dialogare con le istituzioni della Sanità, con la ditta fornitrice del farmaco, con gli organi di stampa, e promuovere eventi che facciano conoscere la nostra patologia e le ragioni dell'interruzione delle cure e del danno procurato ai malati”. L'associazione è nata dunque dalla situazione disperata di alcuni pazienti di una particolare porfiria, per dare una pari opportunità terapeutica ai malati rimasti senza terapia: malati perplessi, arrabbiati, soli, invisibili, discriminati su base regionale, per facilitare l'accesso alle cure che non erano più automatiche e molto difficili.

“Facilitatore di cure”: ecco, è con questo termine che si capisce il compito che l'associazione ha svolto e svolge tuttora con caparbia professionalità e umanità nei confronti dei pazienti, parlando con i responsabili delle malattie rare delle varie Regioni, con i Presidenti delle Regioni, gli Assessorati alla Salute, i Dipartimenti del farmaco, i Centri Porfirie. Con questo metodo abbiamo aiutato molti pazienti a trovare la cura altrimenti negata, e questo è per noi motivo di grande soddisfazione”.

Quali sono state, in passato, le vostre iniziative?

“In linea col nostro statuto, siamo cresciuti in esperienza e conoscenze e stiamo costruendo una nostra identità: siamo partiti da una particolare forma di porfiria e ora stiamo abbracciando anche le altre forme. A tal proposito, nell'aprile 2018 abbiamo organizzato il nostro primo convegno a Padova, incontrando i porfirici del Veneto. Le problematiche della porfiria acuta e delle sue prospettive terapeutiche (come il farmaco givosiran prodotto da Alnylam) hanno tutta la nostra attenzione.

Dobbiamo ringraziare Osservatorio Malattie Rare, che appena nati come associazione ci ha invitato ad un convegno sulla ricerca scientifica e l'innovazione farmaceutica. Da quel momento in poi è stato un susseguirsi di convegni in Italia e all'estero, e di incontri con l'Agenzia del Farmaco (AIFA), con il Ministero della Salute, con il GrIP (Gruppo Italiano Porfirie), e con la federazione IPPN (International Porphyria Patients Network)”.

Quali sono oggi le esigenze dei pazienti e cosa si può fare per soddisfarle?

“La classificazione delle porfirie è molto complicata (epatiche ed eritropoietiche, acute e croniche, con sintomi di fotosensibilità cutanea e sintomi neuroviscerali) e rimane un po' indigesta perfino per i clinici esperti. Quindi lasciamola a loro, e parliamo delle esigenze dei pazienti: in genere si nasce con un difetto di un enzima o una mutazione genetica e col tempo si manifestano i sintomi, ma paradossalmente non è questo il problema maggiore. Dopo aver metabolizzato di essere portatori di una malattia rara, il problema è anche e soprattutto politico e amministrativo: occorrono modelli di assistenza adeguati alla singolarità della malattia, anche se la diagnosi di qualunque tipo di porfiria non è facile (spesso trascorre molto tempo tra l'insorgere dei sintomi e l'inquadramento diagnostico). È indispensabile in ogni caso un percorso diagnostico e terapeutico chiaro, trasparente e omogeneo su tutto il territorio nazionale, per le porfirie croniche e per quelle acute.

Faccio solo due esempi: il primo riguarda la EPP. Per la protoporfiria eritropoietica le esigenze su cui riflettere urgentemente sono l'insufficienza di cure in atto, la loro disparità geografica e l'efficacia del farmaco. L'elaborazione di un protocollo riguarderebbe due aspetti: un primo sullo status quo, chiedendo un percorso garantito per il farmaco afamelanotide, pur mantenendo la fascia C (non rimborsabilità del farmaco da parte del Servizio Sanitario Nazionale). Potremmo proporre cioè a livello di Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, un protocollo univoco del 'percorso afamelanotide' su tutto il territorio nazionale e valevole per tutte le Regioni, in modo che il paziente vada al Centro Porfirie di riferimento con in mano la diagnosi e il piano terapeutico, e non debba fare altro. Un secondo aspetto riguarda le istituzioni (AIFA, Ministero della Salute e Clinuvel, l'azienda produttrice del farmaco), che dovremmo incalzare chiedendo a gran voce la fascia A (rimborsabilità da parte dell'SSN) per la terapia, proponendoci nel ruolo di mediatori fra le controparti e sottolineando l'efficacia di un farmaco che ha cambiato la qualità di vita dei pazienti.

Il secondo esempio riguarda le porfirie acute. Per questi malati uno dei grandi problemi è quello di essere curati da persone esperte quando si affacciano nei Pronto Soccorso dei nostri ospedali: vivono con la paura di subire danni irreparabili e fanno fatica a relazionarsi con i medici di turno. Occorrerebbe sia lanciare iniziative per far conoscere sempre più la patologia ai medici del Pronto Soccorso, sia istituire un numero telefonico da chiamare H24 compresi i festivi, cui possa rispondere un esperto della malattia capace di supportare pazienti e medici, che si trovano entrambi in grande difficoltà. I problemi sul tavolo comunque sono molti (nuove diagnosi? Quale terapia per i minorenni affetti da porfiria?) e spesso sperimentiamo l'impossibilità di vincere la burocratizzazione di un sistema che danneggia il trattamento terapeutico. Come associazione non perdiamo comunque la speranza di offrire nel futuro dei protocolli di trattamento adeguati a ogni fascia di età”.

Il prossimo 24 novembre l'associazione organizza il primo meeting fra medici e pazienti: cosa rappresenta per voi e come si svolgerà?

“Per noi questo incontro rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza. È un'occasione per superare alcuni pregiudizi di vario tipo e guardare oltre mettendo al centro il paziente. Abbiamo invitato molti importanti relatori e sarà una giornata intensa, dedicata alle porfirie acute la mattina e alla EPP il pomeriggio. Intendiamo confrontarci in maniera costruttiva con gli specialisti del settore: medici, politici, amministratori e case farmaceutiche, mediando le varie esigenze al fine di cercare soluzioni amministrative più semplici per i nostri malati che sopportano con dignità il loro carico di sofferenza.

Ancora una volta saremo disponibili a raccontare il nostro vissuto, le nostre storie, per crescere reciprocamente in umanità. È certo che ogni persona che vive con una malattia rara può raccontare la storia di un viaggio nel tentativo di uscire dal labirinto di diagnosi e cure che lo avvolge: il 24 novembre, come dice il titolo del nostro meeting, accoglieremo tutti i nostri amici: vengono da lontano, sono speciali e ci accompagneranno per mano per fare un altro pezzo di strada insieme”.

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