porfiria, Prof. Paolo VenturaIl prof. Paolo Ventura, presidente del congresso mondiale che si svolgerà a Milano nel settembre 2019, approfondisce sintomi, diagnosi e trattamento di questo gruppo di malattie metaboliche

Modena – L'Italia si prepara ad ospitare il più importante evento sulle porfirie: il prossimo congresso mondiale, infatti, si svolgerà a Milano dall'8 all'11 settembre 2019. Il presidente del congresso sarà il prof. Paolo Ventura, responsabile del Centro di riferimento regionale dell'Emilia Romagna per la diagnosi e la cura delle porfirie, presso l'U.O. di Medicina Interna dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena. La presidente onoraria sarà invece la prof.ssa Maria Domenica Cappellini, Ordinario di Medicina Interna all'Università degli Studi di Milano, che da pochi mesi è a disposizione dei lettori di O.Ma.R. per rispondere alle domande sulle porfirie all'interno del servizio “L'esperto risponde”.

Ma per informarsi su queste rare malattie metaboliche non bisognerà aspettare il prossimo anno: fra pochi giorni, infatti, l'associazione “Porfiria Domenico Tiso ha in programma l'evento “Porfirie: 1° Incontro Medici – Pazienti, che si svolgerà il 24 novembre a Roma, presso il Centro Congressi Multimediale IFO “Raffaele Bastianelli” in via Fermo Ognibene 23. Nel corso di questo incontro, il prof. Ventura parlerà nello specifico di porfiria acuta.

Professor Ventura, ci aiuta a comprendere meglio questo gruppo di malattie?

“Le porfirie costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie metaboliche rare, dovute al deficit ereditario o acquisito di uno degli enzimi coinvolti nella via biosintetica dell’eme; la trasmissione può essere mendeliana autosomica dominante, recessiva a penetranza incompleta o X-linked (legata all'X). Il tipo e la quantità di porfirine o di loro precursori accumulati a monte del difetto enzimatico sono responsabili delle manifestazioni cliniche di queste malattie. Le porfirie possono essere classificate in acute o croniche, in rapporto rispettivamente all’etiopatogenesi o alla modalità di espressione fenotipica della patologia.

Nelle porfirie acute – porfiria acuta intermittente (AIP), porfiria variegata (PV) e coproporfiria ereditaria (CPE) – il deficit enzimatico può portare ad accumulo (e aumentata escrezione urinaria) di precursori non porfirinici: l'acido delta-aminolevulinico (ALA) e porfobilinogeno (PBG). Queste sostanze neurotossiche sono considerate responsabili delle tipiche manifestazioni cliniche di queste forme, gli attacchi porfirici acuti: manifestazioni acute neuro-viscerali ricorrenti caratterizzate da sintomi variabili, spesso molto intensi. Gli attacchi acuti si manifestano generalmente tra i 20 e i 45 anni, assai raramente nel periodo pre-puberale”.

Quali sono i sintomi più ricorrenti degli attacchi acuti?

“I sintomi più comuni sono costituiti da dolore addominale intenso e persistente, vomito, stipsi, variamente associati a sintomi neurologici (neuropatia e paralisi) o da sintomi psichiatrici (ansietà, irritabilità, depressione, confusione, disorientamento e delirio). Altri sintomi frequenti possono essere tachicardia, ipertensione, iposodiemia e coma. Se non diagnosticati e trattati tempestivamente, questi attacchi acuti possono condurre a morte il paziente, per paralisi respiratoria. Diversi sono i possibili fattori che, in presenza di uno stato di portatore, possono scatenare gli attacchi acuti, fra questi i più comuni sono: alterazioni ormonali (periodo mestruale, assunzione di ormoni a scopo contraccettivo o anabolico), gravidanza, alcol, digiuno, stress, infezioni e, soprattutto, farmaci (un elenco di farmaci potenzialmente nocivi è disponibile sul sito della European Porphyria Initiative)”.

Come avviene la diagnosi di queste patologie?

“La diagnosi clinica delle porfirie acute, in particolare, è in genere difficile poiché i sintomi dell’attacco porfirico acuto possono mimare quelli di molte altre patologie, assai più frequenti: per questo motivo, spesso, questi pazienti vengono sottoposti a tantissimi accertamenti prima di arrivare a formulare l’ipotesi diagnostica corretta. La diagnosi si basa soprattutto sulla determinazione nelle urine dei livelli di ALA e PBG, che, se elevati, in presenza di sintomi, consente di porre il sospetto diagnostico di attacco porfirico acuto e di porfiria acuta, che dovrà poi essere confermato mediante analisi più approfondite, comprendenti anche test enzimatici e analisi genetiche”.

Quali sono attualmente le opzioni terapeutiche?

“L’attacco porfirico acuto richiede spesso l’ospedalizzazione, la rimozione dei potenziali fattori precipitanti e un trattamento urgente: ha una durata variabile da alcuni giorni fino a due settimane; se particolarmente grave può causare complicanze neurologiche come la paralisi motoria e l’insufficienza respiratoria acuta, che richiedono cure intensive e possono risultare fatali. La sintomatologia dolorosa può essere trattata con petidina o morfina. Il trattamento specifico dell’attacco acuto è costituito dalla somministrazione precoce con eme arginato per via endovenosa al dosaggio di 3 mg per kg ogni 24 ore, in monosomministrazione quotidiana o per un ciclo di 2-4 giorni, in rapporto all’entità della sintomatologia o alla fasicità del trattamento (ad esempio una monosomministrazione in cronico per mantenimento); in alternativa, ma meno efficace, si può tentare l'infusione di carboidrati (150-200 grammi al giorno, come soluzione glucosata al 10 o al 20%). L’efficacia della terapia con eme arginato è valutata in termini di rapido miglioramento clinico e biochimico, di riduzione dei tempi di ospedalizzazione (inferiori a 5 giorni) e di prevenzione di gravi neuropatie”.

Qual è il panorama relativo alla sperimentazione di nuovi farmaci?

“Attualmente sono in corso di sviluppo nuovi farmaci molto promettenti per il trattamento dei pazienti affetti da porfiria acuta. Per uno di questi, il givosiran, è tuttora in corso uno studio clinico di Fase III che sta fornendo risultati assai positivi. Altri approcci di trattamento che prevedono la correzione del difetto genico mediante somministrazioni di mRNA gene-specifico sono quasi pronti. Il futuro per il trattamento di queste rare, ma potenzialmente assai gravi patologie, sembra finalmente più roseo...”

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