Il piccolo Timofi con i medici di Bologna

Grazie alla collaborazione tra Policlinico Sant’Orsola, Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna e Associazione Mitocon, per il piccolo Timofi c’è oggi una speranza di salvezza

Bologna – Timofi ha sette mesi ed è affetto da una malattia mitocondriale. È nato in Ucraina e la sua mamma lo ha portato in Italia per tentare di salvargli la vita: a Bologna, all’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, è stato accolto dai professionisti della Neuropsichiatria dell’età Pediatrica dell’IRCCS Istituto di Scienze Neurologiche, e verrà trattato con una terapia sperimentale. Una storia di speranza ma soprattutto di solidarietà e collaborazione, in particolare tra il Policlinico di Sant’Orsola, l’Istituto di Scienze Neurologiche e l’associazione Mitocon-Insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali.

“Le patologie mitocondriali sono malattie rare ed ereditarie che riguardano il metabolismo energetico delle cellule e interessano soprattutto il sistema nervoso, il cuore, lo scheletro e i muscoli”, spiega la prof.ssa Caterina Garone, neuropsichiatra dell’età pediatrica dell’Istituto di Scienze Neurologiche. “Attualmente sono state identificate oltre 500 forme, con differenti geni coinvolti e manifestazioni varie. La malattia di Timofi colpisce soprattutto i muscoli e nel suo caso specifico in forma molto severa, con un’aspettativa di vita di un anno: il bambino respira con un ventilatore, viene alimentato con una stomia, non muove nessuna parte del corpo. Riesce solo ad aprire i suoi meravigliosi occhi. Per la maggior parte delle malattie mitocondriali non c’è speranza di una cura, ma per quella di Timofi esiste una terapia sperimentale promettente che possiamo somministrare qui a Bologna”.

LA VICENDA DEL PICCOLO TIMOFI

“Grazie all’intermediazione di Mitocon sono stata contattata dai colleghi Ucraini ed ho capito subito che non era possibile curare Timofi nella sua città”, racconta la prof.ssa Garone. “La guerra lo avrebbe reso complesso e, inoltre, l’Ucraina non è un paese dell’Unione Europea, quindi non era possibile spedire il farmaco sperimentale. Ma non ci siamo arresi: per questo bambino il trattamento rappresenta l’unica speranza e non può andare sprecata”.

A quel punto si è messa in gioco la macchina della solidarietà: quando Timofi è partito per l’Italia l’associazione Mitocon si è prontamente attivata con un supporto nella presa in carico immediata, accelerando i tempi e coprendo quindi i costi dei primi giorni di ricovero al Sant’Orsola. Parallelamente, il Servizio Sanitario regionale ha espletato le pratiche per fare in modo che Timofi possa restare ricoverato quanto necessario. Ma non è finita qui: l’unica strada per utilizzare il farmaco sperimentale al di fuori di uno studio clinico consiste nel cosiddetto “uso compassionevole”. È una procedura che necessita dell’autorizzazione della casa farmaceutica e dell’approvazione del Comitato Etico, che si è perciò riunito d’urgenza.

In poche ore, grazie al supporto di tutte queste realtà, Timofi è arrivato al Sant’Orsola ed è stato ricoverato prima nella Rianimazione Pediatrica, diretta dal dott. Fabio Caramelli, per la necessaria stabilizzazione clinica, e poi nel reparto di Neuropsichiatria dell’età pediatrica, diretto dal prof. Duccio Maria Cordelli, dove ha cominciato a ricevere la terapia. Timofi dovrà rimanere ricoverato per circa un mese, poi rimarrà a Bologna per altri tre mesi, per continuare la terapia.

LA PATOLOGIA E LA TERAPIA SPERIMENTALE

Il deficit di timidina chinasi 2 (TK2D), o sindrome da deplezione del DNA mitocondriale di tipo 2, è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva. Esistono tre forme cliniche: la più severa è quella infantile, come nel caso di Timoti, che esordisce entro il primo anno di vita e causa debolezza muscolare progressiva. La timidina chinasi 2 (TK2), infatti, è una proteina mitocondriale che ha il ruolo di trasformare i nucleosidi pirimidinici in monofosfati. Questi nucleosidi rappresentano i ‘mattoncini’ che servono per generare il DNA mitocondriale. A causa della patologia, quindi, il mitocondrio, che rappresenta la ‘batteria energetica’ delle nostre cellule, non è in grado di produrre energia. I bambini affetti dalla forma infantile perdono qualsiasi abilità motoria acquisita e, poiché la debolezza muscolare coinvolge anche i muscoli respiratori, hanno alte probabilità di morire per insufficienza respiratoria entro un anno dall'esordio della patologia.

La prof. Caterina Garone, durante le sue attività di ricerca, ha sperimentato una terapia innovativa con nucleosidi che ha dimostrato di essere in grado di produrre effetti positivi sulla sopravvivenza dei pazienti con TK2D. Dopo il brevetto, la terapia è stata testata in uno studio clinico: ad oggi sono state trattate alcune decine di pazienti, in parte a Bologna. Nonostante l’alto tasso di mortalità della malattia, tutti i pazienti coinvolti nella sperimentazione sono sopravvissuti e hanno mostrato un recupero delle abilità motorie e respiratorie, con risultati nettamente migliori quando la terapia viene somministrata precocemente.

Nonostante questa patologia possa verificarsi con sintomi gravi, come nel caso di Timofi, oggi è ancora fortemente sotto-diagnosticata nel mondo”, commenta la prof.ssa Caterina Garone. “È infatti una malattia estremamente rara e che può manifestarsi con uno spettro di sintomatologie e severità varie e diversificate. Il prossimo passo nelle nostre ricerche sarà studiare in modo più approfondito e realistico la sua frequenza, per garantire sempre di più diagnosi precoci e precise”.

“La storia del piccolo Timofi mi emoziona particolarmente”, afferma il prof. Duccio Maria Cordelli. “Da quando ho iniziato la mia attività qui a Bologna ho sempre condiviso con il mio gruppo il sogno di poter offrire terapie ai pazienti con malattie neurodegenerative, e con la storia di Timofi questo sogno prende ancora più forma. Sono orgoglioso di quello che stiamo riuscendo a fare per questo bambino a Bologna. Da sempre il nostro obiettivo e desiderio è fornire ai bimbi con patologie neurologiche e neurochirurgiche le cure più appropriate e aggiornate e dare una speranza alle loro famiglie”.

“Due in particolare sono gli aspetti da evidenziare”, afferma Marco Marmotta, Presidente di Mitocon. “Innanzitutto il ruolo chiave dell’Associazione, capace di rispondere in tempi rapidissimi alla richiesta di stanziare fondi in una situazione di emergenza, pur togliendo momentaneamente risorse economiche ad altre progettualità ma permettendo la presa in carico tempestiva del bambino, a conferma della fiducia nei nostri ricercatori e del ruolo di sussidiarietà delle associazioni di pazienti. In secondo luogo l’opportunità terapeutica. Timofi è arrivato da Leopoli in Italia perché qui per la prima volta, per una specifica mutazione, per un ‘bimbo mitocondriale’, esiste un’opportunità terapeutica. Se il protocollo sperimentale funzionerà, Timofi, potrebbe avere una qualità di vita migliore. Questo è quello che vorremmo per tutti i nostri pazienti e per i nostri figli”, conclude il presidente di Mitocon.

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