Michela Calderaro

Tra gli obiettivi della denuncia anche quello di fare cultura sull’importanza della formazione a tutti gli operatori, per educarli a una corretta gestione della persona con disabilità

Michela Calderaro è un’energica signora di 73 anni affetta da fibrosi polmonare idiopatica (IPF) dal 2012 e per questo invalida al 100%; è da sempre impegnata nel sociale e da sempre abituata a viaggiare per raggiungere il figlio Alexander, che abita a Berlino. A inizio 2020 Michela è rimasta vedova e, complici anche il lockdown e la pandemia, ha sospeso per oltre tre anni i suoi viaggi. Durante questo periodo la patologia di Michela è peggiorata e la donna ha iniziato a utilizzare un concentratore d’ossigeno come ausilio a supporto della respirazione. Nonostante questo, a giugno di quest’anno Michela si è sentita finalmente pronta a viaggiare di nuovo e ha organizzato il proprio viaggio a Berlino, prenotando anche l’assistenza prevista per le persone con disabilità da parte della compagnia aerea.

Nessun intoppo durante tutto il viaggio di andata, Michela racconta di grande disponibilità da parte di tutti gli operatori addetti all’assistenza sia in aeroporto che durante il volo. “Mi hanno coccolata – spiega – e fatta sentire perfettamente a mio agio per tutto il tempo”. Quando è stato il momento di rientrare in Italia, tuttavia, per Michela è iniziata la vera odissea.

All'aeroporto di Berlino – spiega Michela in una lettera indirizzata all’Ambasciata Italiana a Berlino, l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute – sono stata fermata dalla sicurezza e mi è stato tolto il concentratore, che è stato quindi aperto e maneggiato da alcuni addetti. Alle mie rimostranze circa la necessità di non toccare le cannule nasali che mi servono per respirare mi è stato detto che loro non sapevano cosa fosse quel macchinario e che in ogni caso stavano usando i guanti (che però avevano già toccato centinaia di bagagli).

Per l’agitazione – prosegue il racconto di Michela – oltre che per l’impossibilità di utilizzare il concentratore, la mia saturazione è scesa all’82% [nei soggetti sani la saturazione dovrebbe essere sempre compresa tra il 97% e il 99%, N.d.R.]. Ero a rischio crisi respiratoria e stavo molto male. Ho quindi mostrato loro su Internet, con indicazioni in tedesco, la scheda tecnica del concentratore, cercando di spiegare che si trattava di un dispositivo salvavita, delicato e costoso. Mi è stato risposto che "la sicurezza vale più di mille euro", continuando a non guardare i miei certificati. Infine, l’operatore addetto alla sicurezza ha fotografato un paio di pagine e, dopo aver quasi smontato il dispositivo, mi hanno intimato di richiuderlo io stessa. A quel punto però le cannule nasali erano chiaramente inservibili e non ho di conseguenza potuto utilizzare l’ossigeno non solo per tutto il volo ma anche per il tragitto dall’aeroporto a casa, arrivandoci inevitabilmente in grave stato di mancanza di ossigeno.

Come anticipato, una volta che si è ripresa Michela ha raccontato l’episodio vergognoso in una lettera alle istituzioni, ricevendo risposta solo dall’Ambasciata Italiana a Berlino, che si è attivata per ricevere chiarimenti da parte della struttura aeroportuale. “L’Ambasciata – si legge nella replica inviata a Michela il 26 luglio scorso – ha ricevuto una prima interlocutoria risposta dall’aeroporto di Berlino, che deplora l’accaduto e assicura che le varie ditte operanti all’aeroporto sono state istruite e sensibilizzate sul tema dell’assistenza a persone con ridotta mobilità e altri problemi. L’aeroporto ha inoltre informato che la richiesta dell’Ambasciata di verificare quanto accadutole è stata inoltrata con preghiera di risposta alla Polizia federale (Bundespolizei) perché la competenza sui controlli è di quest’ultima”.

Con una comunicazione successiva l’Ambasciata italiana ha riportato a Michela la successiva risposta della Bundespolizei. La Polizia – si legge nell’email – riferisce che, in base alla ricostruzione del fatto da loro effettuata, non sono state rilevate anomalie nel controllo di sicurezza effettuato, che a loro risulta essersi svolto secondo le procedure previste, le quali rendono necessaria l’apertura del dispositivo, con le dovute cautele. Aggiunge che i controlli effettuati sul bagaglio a mano e sugli oggetti trasportati sono imprescindibili per escludere qualsiasi rischio per la sicurezza aerea ed esclude che l’apparecchio sia stato danneggiato nel corso dei controlli.

La Polizia esprime, comunque, comprensione per la preoccupazione manifestata per il maneggiamento dell’apparecchio salvavita, e dispiacere per i disagi causati. Infine– conclude l’email – assicura di dare il dovuto peso alla segnalazione, di cui terrà conto nella tenuta dei corsi interni di addestramento e suggerisce, in caso ci si trovi in una situazione analoga, di rivolgersi immediatamente al superiore degli addetti alla sicurezza.

Uno degli obiettivi di Michela, nel momento in cui ha deciso di metterci la faccia e denunciare l’accaduto, è proprio legato a questo ultimo punto: fare cultura sull’importanza di fare formazione a tutti gli operatori per educali a una corretta gestione del soggetto con disabilità. Formazione – precisa la stessa Michela in un’ultima mail inviata all’Ambasciata – non solo per prestare attenzione a chi ha un impedimento motorio, visto che si parla di carrozzina, ma anche alla delicatezza dei dispositivi medicali, come può essere un concentratore, un ventilatore, una macchina per la tosse o qualsiasi altro dispositivo che non deve essere manipolato e quindi reso inservibile, come è successo a me con il concentratore di ossigeno e le cannule che devono essere sterili per poter essere usate.

Leggi anche: “Turismo accessibile: interrogazione parlamentare sul caso del tredicenne lasciato a terra da Lufthansa

 

 

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